Nel corso del Convegno ecclesiale nazionale di Loreto (1985) i Vescovi italiani hanno richiamato la necessità di una “adeguata competenza nella lettura dei bisogni, delle povertà, dell’emarginazione”, con ciò sollecitando l’attivazione “di un osservatorio permanente, capace di seguire le dinamiche dei problemi della gente e di coinvolgere direttamente la comunità ecclesiale in modo scientifico”; un osservatorio che, quindi, “non dovrebbe mancare in nessuna chiesa locale”. Come in molte diocesi italiane, anche nella nostra questa sollecitazione è stata raccolta, per cui si è progettato e dato il via all’attivazione dell’Osservatorio selle Povertà e delle Risorse” (OPR). In linea generale e nel concreto tale osservatorio si fa carico della sistematica registrazione, elaborazione ed analisi delle informazioni provenienti dal centro diocesano e da quelli parrocchiali e/o zonali progressivamente interessati e coinvolti; attività che trova il suo momento conclusivo o “culmine” nella predisposizione, presentazione e diffusione di uno specifico dossier annuale. Ma l’interesse e l’impegno dell’OPR si sviluppano anche in altra direzione: nella conoscenza e nel particolare approfondimento di realtà, condizioni, problemi specifici, sempre connessi alla povertà, all’emarginazione, alla marginalità sociale. Come primo ambito d’interesse si è individuato e scelto quello dei senza fissa dimora, risultando ‒ questo ‒ di particolare interesse, anche trattandosi di un dato di realtà dimensionalmente in fase espansiva. Lo specifico lavoro di ricerca e di approfondimento ha visto come protagonista una decina di senza fisa dimora e, al tempo stesso, di alcuni operatori direttamente coinvolti. Le risultanze sono state raccolte nel volume “barboni, clochard, homeless … persone” pubblicato dalla casa editrice “il Ponte Vecchio” di Cesena), disponibile presso il Centro diocesano per chiunque ne fosse interessato. Ascoltando queste persone e questi operatori ci si è resi conto della complessità e pesantezza dei problemi e al tempo stesso delle esigenze che tali persone esprimono, direttamente o meno. Molteplici sono i fattori che incidono e che, insieme, spingono progressivamente sulla strada: fra questi, principalmente, la perdita del lavoro con conseguente difficoltà/impossibilità di trovarne un altro, il fallimento d’esperienza familiare e/o di coppia, la rottura di relazioni parentali ed amicali significative e, non di rado, l’uso/abuso di alcol. La strada, per chi vi è stato spinto ‒ la strada come libera scelta sembra “soluzione” d’altri tempi ‒ non è solo un luogo fisico in cui si fa sera e poi mattino, ma un percorso in discesa, in progressiva e rapida discesa. Quanto più tempo vi si vive “dentro”, tanto più è difficile frenare la corsa e, ancora di più, invertire la direzione di marcia. Difficile, forse quanto mai improbabile; ma non impossibile. Questa è la certezza, perlomeno la scommessa, che interpella e che deve animare mobilitando non solo i servizi “di competenza” e non solo le associazioni di volontariato, ma ciascuno e l’intera comunità: sociale ed ecclesiale.